“Pellegrini di speranza” è il motto del Giubileo 2025 ed è anche il tema scelto dalla Conferenza Episcopale Italiana e dal Rabbinato d’Italia per la 36esima Giornata per l’approfondimento e lo sviluppo del dialogo tra cattolici ed ebrei. Hanno quindi incentrato la loro riflessione sul Giubileo Mons. Angelo Spina e il Prof. Marco Cassuto Morselli, presidente della Federazione delle Amicizie Ebraico-Cristiane, intervenuti giovedì 16 gennaio presso il salone della parrocchia San Paolo a Vallemiano.
Entrambi hanno sottolineato che la radice ebraica del Giubileo e il suo significato nella Chiesa cattolica rimandano alla speranza. Come ha detto il prof. Marco Cassuto Morselli, in questi tempi difficili «è importante riscoprire la speranza. Quando c’è buio, le piccole fiammelle di luce splendono di più. Il Giubileo può diventare un’occasione di incontro e dialogo per i cattolici e gli ebrei e, in un certo senso, le tante domande delle persone oggi qui presenti sono un segno di speranza, perché dimostrano che per tanti cristiani è importante conoscere meglio l’ebraismo». Anche Mons. Angelo Spina ha sottolineato che «in questo tempo complesso a livello mondiale, siamo chiamati ad avere speranza. Noi speriamo che qualcosa che adesso non c’è, si potrà realizzare. In questo mondo segnato dalle guerre e dalla violenza, non siamo chiamati a sopravvivere, ma a lavorare per costruire un senso nuovo delle cose. La nostra missione è far germogliare speranza e costruire comunità».
Nel suo intervento, il presidente della Federazione delle Amicizie Ebraico-Cristiane ha spiegato che lo Shabbat è il settimo giorno della settimana ed è il giorno di riposo, l’anno sabbatico (Shemità) ricorre ogni sette anni e prevede la cessazione dei lavori nei campi, e che ogni sette anni sabbatici, e cioè ogni cinquantennio, c’è il Giubileo (Yovel). Citando Levitico 25 e il Libro del profeta Isaia, ha poi sottolineato che il Giubileo rappresenta una «rinascita dal punto di vista religioso e sociale. C’è chi ritiene che sia un ideale utopico, un’utopia legislativa. Utopico però non è sinonimo di impossibile o di irrealizzabile. È qualcosa che ora non c’è, ma non è detto che non potrà esserci in futuro».
Mons. Angelo Spina ha ricordato che «gli ebrei sono i nostri fratelli maggiori come li definì Giovanni Paolo II, questo non dobbiamo dimenticarlo» e ha parlato di alcuni temi comuni ai cattolici e agli ebrei, come l’ecologia, la speranza, la fraternità e la giustizia. «La radice teologica delle prescrizioni dell’anno giubilare ci fa capire che la terra non è nostra. Come leggiamo nella Bibbia siamo in questo mondo come forestieri e inquilini, – ha spiegato – ma purtroppo ci siamo trasformati in padroni della terra. Non la consideriamo come un dono da custodire, ma come nostra proprietà, e non c’è più la fraternità. Il Giubileo ci ricorda invece che noi siamo pellegrini e siamo chiamati a prenderci cura della terra e ad accogliere l’amore di Dio per amare i fratelli e le sorelle. Va riconosciuta la signoria di Dio dalla quale discendono tutte le cose, bisogna praticare la giustizia e creare una società più fraterna. Tutto ciò che abbiamo è un dono da condividere nella fraternità. Tutto ciò è stato attuato? Non ancora. Il Prof. ha parlato appunto di utopia. Ciò che oggi non c’è ancora, potrà esserci in futuro».
Ricordando la storia del Giubileo nella Chiesa, la richiesta di San Francesco al Papa del dono delle indulgenze e la Perdonanza Celestiniana, l’Arcivescovo ha spiegato che «al centro del Giubileo cristiano c’è perdono dei peccati, connesso al pellegrinaggio. Ci sono quindi tre dimensioni: spirituale, individuale e comunitaria. Gesù ci rivela il Padre misericordioso e ci indica lo stile da avere: “Siate misericordiosi, come il Padre vostro è misericordioso”. Come Gesù ci perdona i peccati e rimette la colpa, anche noi siamo chiamati a perdonare gli altri».
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