“Imparate a fare il bene, cercate la giustizia” (Is 1,17) è stato il tema della veglia ecumenica, celebrata domenica 22 gennaio nella parrocchia Sacra Famiglia di Osimo, in occasione della settimana di preghiera per l’unità dei cristiani. La celebrazione è stata presieduta da Mons. Angelo Spina, con la partecipazione dei pastori Gionatan Breci e Michele Abiusi della Chiesa Avventista del 7° giorno, Alan Di Liberatore, Sovrintendente del XII Circuito delle Chiese Valdesi e Metodiste, Padre Jonel Barbarasa per la Chiesa Ortodossa Romena, Padre Dmitri Zhavko per la Chiesa Ortodossa del Patriarcato di Costantinopoli.
Il tema delle preghiere ecumeniche dal 18 al 25 gennaio, un’invocazione dal Libro di Isaia: “Imparate a fare il bene, cercate la giustizia” è stato scelto dal Consiglio delle Chiese cristiane del Minnesota, negli Stati Uniti. I membri del gruppo locale del Minnesota sperano che la loro esperienza personale di vittime di razzismo e denigrazione come esseri umani, possa servire come testimonianza della disumanità di cui possono mostrarsi capaci i figli di Dio, nei confronti del proprio prossimo. Ma c’è anche un profondo desiderio interiore che, come cristiani che incarnano il dono di Dio dell’unità, si indirizzino e sradichino le divisioni che impediscono di comprendere e sperimentare la verità che tutti apparteniamo a Cristo. In questo tempo difficile l’unità e la preghiera sono un segno prezioso per fronteggiare le sfide della guerra, della pandemia, della crisi climatica ed energetica.
La veglia è così iniziata con la confessione di peccato e la richiesta di perdono: «Dio di tutti, ti rendiamo grazie, con tutto il nostro cuore e la nostra anima di questo momento in cui possiamo chiederti perdono e confessare i nostri peccati di ingiustizia e di divisione». Don Valter Pierini, direttore dell’Ufficio diocesano per l’Ecumenismo, ha poi versato l’acqua da una brocca nel fonte battesimale, segno del battesimo: «Ti lodiamo Signore, perché nelle acque vive del battesimo, i nostri peccati “rossi come il fuoco” (Is 1,18) sono stati cancellati, noi siamo stati guariti e siamo entrati a far parte della comunità d’amore, la famiglia di Dio». È seguita la proclamazione della Parola del Signore (Ef 2,13-22; Salmo 42; Mt 25, 31-40), con le meditazioni di Padre Ionel Barbarasa, del pastore Gionatan Breci e dell’Arcivescovo Angelo Spina.
Facendo riferimento al Vangelo sul giudizio finale, Padre Ionel Barbarasa ha sottolineato che «solo Dio potrà separare i giusti dai malvagi perché conosce il cuore di ogni uomo e il senso profondo delle sue azioni. Il criterio sul quale ognuno sarà giudicato si baserà sull’amore al prossimo, verso coloro che vivono dei bisogni, affamati, assetati, forestieri, nudi, malati, carcerati. Gesù indica le opere di misericordia, ma ciò che è originale e rivoluzionario in questo brano è che il giudice è il destinatario di tali azioni: “Ogni volta che avete fatto queste cose a uno solo di questi miei fratelli più piccoli, l’avete fatto a me”. L’aiuto donato o rifiutato al povero è un aiuto donato o rifiutato a Gesù stesso. Lui è solidale con i poveri, si identifica in loro. Chi ha sperimentato nella propria vita la misericordia del Padre non può rimanere insensibile dinanzi alle necessità dei fratelli. L’insegnamento di Gesù non consente vie di fuga, non si può tergiversare davanti a una persona che ha fame, occorre darle da mangiare. Le opere di misericordia non sono temi teorici, ma sono testimonianze concrete, obbligano a rimboccarsi le mani per alleviare la sofferenza».
Anche Mons. Angelo Spina, facendo riferimento al Vangelo, ha sottolineato che «oggi molti vivono distrattamente come se Dio non esistesse, ma alla fine della vita ci sarà un giudizio per tutta l’umanità. Al termine della nostra vita saremo giudicati sull’amore. Come ci presenteremo davanti a Gesù? Non basta la fede che ha tenuto accesa la lampada della nostra vita, servono le opere della fede che sono le opere dell’amore. Allora chiediamoci: come chiese in cammino quali sono le opere dell’amore nelle nostre comunità e nella nostra vita? Tante sono le ingiustizie che gridano nel nostro tempo: dalla fame nel mondo alle persone che fuggono da guerre e persecuzioni. Questi uomini e donne si presentano alle porte delle nostre case e li respingiamo, come ci presenteremo davanti a Colui che è l’amore? Questa parola dunque ci mette in crisi e ci dice: comincia da oggi. Le nostre Chiese devono camminare insieme, cercando la giustizia e vivendo la carità».
Commentando la prima lettura, la Lettera di San Paolo apostolo agli Efesini, Gionatan Breci ha parlato «della comunità di cristiani descritta da Paolo che non sembra assomigliare a Cristo. Anche nelle nostre comunità spesso si sono ingiustizie, favoritismi, persone considerate di serie A e serie B. Anche il tema di questa Settimana di preghiera per l’unità dei cristiani, tratto dal libro di Isaia, parla di un popolo ingiusto, in cui sono presenti atteggiamenti non conformi a un Dio di amore. Nella lettera agli Efesini leggiamo che Cristo è la nostra pace. In cosa consiste quella pace che Gesù dona? La fine di ogni divisione, ma ancor di più la costituzione di un popolo unito. Un solo popolo sotto il nome del Padre, del Figlio e dello Spirito Santo. Gesù demolisce il muro che separava e rendeva nemici pagani ed ebrei e con la sua morte in croce li ha uniti in un solo corpo. Cristo ci fa comprendere cosa significa essere riconciliatori, ambasciatori di pace. Anche noi a volte mettiamo dei muri per difendere le nostre sicurezze e diversità, anziché considerare la diversità una ricchezza. Come cristiani dobbiamo invece testimoniare l’amore di Dio ed essere ambasciatori di riconciliazione. Cristo con la sua passione ci mostra cosa è l’amore, un amore che è in grado di rinunciare, di sacrificarsi per il bene dell’altro. Come cristiani, quindi, siamo chiamati a testimoniare il Vangelo e ad essere portatori di pace».
Dopo le tre meditazioni, sei persone hanno portato delle pietre grandi in processione ai piedi del Crocifisso e, insieme ai presenti, hanno recitato questa preghiera: «Mi impegno a rispondere ala chiamata del profeta Isaia a imparare a fare il bene e a cercare la giustizia». Al termine della veglia, ad ognuno è stata consegnata una piccola pietra e un biglietto con su scritto: “Siamo pietre vive unite a Gesù nella costruzione del regno di Dio”. Come ha spiegato un membro dei GID (Gruppo Interconfessionale in Dialogo) di Ancona, «la pietra grande rappresenta Cristo che è la pietra angolare su cui si fonda la Chiesa. Le pietre piccole siamo noi cristiani, pietre vive che possiamo dare il nostro contributo per la costruzione del regno di Dio. Dobbiamo uscire dalla Chiesa, intesa come struttura, e diffondere la Parola di Dio e la carità. Con questa celebrazione i fratelli cristiani del Minnesota ci esortano ad esprimere la nostra fede non solo nelle chiese, ma nel mondo, con una collaborazione ecumenica, combattendo insieme le ingiustizie del nostro tempo, promuovendo la pace e la salvaguardia del creato».