Celebrazione ecumenica nella Settimana di preghiera per l’unità dei cristiani

La Settimana di preghiera per l’unità dei cristiani (18-25 gennaio) si è conclusa sabato 25 gennaio, nella parrocchia S. Giuseppe Moscati, con la Celebrazione ecumenica organizzata dal Gruppo Interconfessionale in Dialogo (Gid), a cui hanno partecipato Mons. Angelo Spina, Arcivescovo metropolita di Ancona-Osimo, e i rappresentanti delle altre Chiese Cristiane: Greetje Van De Veer (Chiesa Metodista), Ionel Barbarasa (Chiesa Ortodossa Romena), Jules Cave (Chiesa Anglicana), Michele Abiusi (Chiesa Cristiana Avventista del 7° giorno).

L’incontro ha preso spunto dalla frase proposta dal gruppo di lavoro di Malta e Gozo come tema per la Settimana di preghiera per l’unità dei cristiani 2020: “Ci trattarono con gentilezza” (Atti 28, 2) che fa riferimento al naufragio dell’apostolo Paolo. Diretto a Roma in catene, Paolo approda con gli altri compagni di viaggio sulle coste maltesi. Qui gli abitanti accolgono i naufraghi, ospitandoli per tre mesi. All’inizio della celebrazione è stato invocato lo Spirito Santo ed è stata recitata la preghiera di perdono e riconciliazione, dopodiché è stato letto il brano tratto dagli Atti degli Apostoli (27,18-28,10), riguardante appunto il naufragio di Paolo a Malta, e sono state ascoltate le meditazioni di Greetje Van De Veer, Jules Cave e Ionel Barbarasa.

«L’episodio del naufragio dell’apostolo Paolo – si legge nel sussidio preparato per la Settimana – ripropone il dramma dell’umanità di fronte alla terrificante potenza degli elementi della natura» e la capacità di Paolo di ergersi «come un faro di pace nel tumulto», perché «egli sa che la sua vita è nelle mani di Dio. Grazie alla sua fede, egli ha fiducia che comparirà davanti all’imperatore a Roma, e può alzarsi davanti ai suoi compagni di viaggio per rendere gloria a Dio. Tutti ne sono incoraggiati e, seguendo l’esempio di Paolo, condividono insieme il pane confidando nelle sue parole e uniti da una nuova speranza». In mezzo alla tempesta, Paolo si fida di Dio che li salva.

Nella seconda parte della preghiera è stato invece letto il brano del Vangelo di Marco (16,14-20), con le meditazioni dell’Arcivescovo Angelo Spina e di Michele Abiusi. «Alla fine, Gesù apparve agli undici discepoli mentre erano a tavola. Li rimproverò perché avevano avuto poca fede e si ostinavano a non credere a quello che lo avevano visto risuscitato. Poi disse: “Andate in tutto il mondo e portate il messaggio del vangelo a tutti gli uomini. Chi crederà e sarà battezzato, sarà salvato; ma chi non crederà sarà condannato. E quelli che avranno fede, faranno segni miracolosi: cacceranno i demoni invocando il mio nome; parleranno lingue nuove; prenderanno in mano serpenti e berranno veleni senza avere nessun male; poseranno le mani sui malati e guariranno” dopo quelle parole, il Signore Gesù fu innalzato fino al cielo e Dio gli diede potere accanto a sé. Allora i discepoli partirono per andare a portare dappertutto il messaggio del vangelo. E il Signore agiva insieme a loro, e confermava le loro parole con segni miracolosi».

«Spesso noi ci fidiamo – ha detto l’Arcivescovo – ma non completamente. Non ci abbandoniamo totalmente a Dio, ma Lui cambia la prospettiva. Anche se tu non ti fidi pienamente di Gesù, Lui scommette su di te, si fida di te. Ecco perché Gesù invia i suoi discepoli, ma anche ognuno di noi a portare il messaggio del Vangelo a tutti gli uomini. Il Risorto è qui, è vivo, è con noi, come era accanto a Paolo che, imprigionato a Gerusalemme, arriva a Roma dove, oltre a subire un processo, porta il Vangelo. L’incontro con Cristo Risorto ha cambiato profondamente la vita di Paolo. Durante il naufragio, a tutte le persone che erano con lui sulla barca, Paolo dona una parola di speranza perché chi sta con il Signore non è mai disperato. C’è la paura, ma non la disperazione, perché il Signore è sempre presente».

L’Arcivescovo ha anche domandato: «Qual è il segno che oggi il mondo vuole vedere? Il segno più grande è l’armonia del creato, la pace tra gli uomini, l’assenza di guerre, la solidarietà umana, l’accoglienza dei profughi. E allora quale segno siamo chiamati a dare noi credenti in Cristo delle diverse confessioni, se non il segno dell’amore tra di noi e verso gli altri. Da questo tutti sapranno che siamo suoi discepoli, se avremo amore gli uni per gli altri».

Non possiamo affrontare la tempesta della vita da soli. Una barca si muove solo se tutti remano insieme, così sono stati portati all’altare, davanti a una croce e ad una piccola barca, otto remi che hanno simboleggiato la riconciliazione, la luce, la speranza, la fiducia, la forza, l’ospitalità, la conversione e la generosità. Infine, l’incontro si è concluso con la recita del Padre Nostro, lo scambio della pace, la benedizione e l’invio a proclamare il Vangelo. Tutti hanno esclamato: «Noi salperemo insieme per proclamare le meraviglie dell’amore di Dio. Amen. Alleluia».

 

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